Ogni giorno, d’ora in ora, non cercavo più niente se non una penetrazione sempre più semplice della natura.
André Gide
Quanto può dire un luogo di noi? E quanto sappiamo noi dire qualcosa di un luogo? Quanto la percezione che abbiamo di esso, il nostro modo di dipingerlo, ritrarlo, narrarlo svela qualcosa sulla natura tutta, e quindi, anche sulla nostra?
Esistono luoghi che sono sempre perché pare che il tempo li abbia risparmiati dalla morsa dell’oblio. Vi sono giorni in cui l’aria è più tiepida, in cui ci sveglia avvolti dai ricordi di un sogno che non riusciamo a ricordare, e il nostro stesso ricordo costruisce cattedrali di silenzi come se passeggiasse tra le rovine di un luogo sacro; in giorni come quelli può accadere di contemplare un paesaggio come se le azioni compiute rispondessero alla volontà di un demone benevolo che risveglia in noi una casta malinconia. In quei momenti gli alberi hanno colori meno accesi e la luce filtra tra le nuvole senza che la fonte si riveli.
Esistono luoghi che non sono mai perché il tempo non li ha mai realmente sfiorati, se non con il ricordo che abbiamo costruito nella memoria di viaggi mai compiuti. In quei momenti, socchiudendo appena gli occhi, è possibile vedere la mente star dietro alle orme della fantasia e quasi pare che essa rincorra un pensiero troppo fugace, troppo svelto per essere afferrato a piene mani come se, una volta afferrato, quello che avevamo rincorso fino a un attimo prima potesse dissolversi, svanendo in una nube eterea. In bilico tra la realtà presente e la figurazione dell’assente, luoghi ignoti ci chiamano con esili sussurri per essere ri-scoperti e abbracciati con lo sguardo.
Ci sono luoghi, invece, che il mondo letterario, almeno, ha saputo descrivere come pullulanti di creature magiche in grado di attrarci e richiamarci a loro. Genius Loci, il fantasma o spirito del luogo, è anche il titolo del romanzo di Vernon Lee, pseudonimo di Violet Paget, autrice britannica del diciannovesimo secolo.
Vernon Lee percepiva chiaramente il fatto che ogni oggetto, ogni luogo celasse in sé una sorta di identità nascosta e che ogni comprensione di esso equivalesse a un atto rivelatorio dell’essenza nascosta nel luogo. Maurice Baring scrive di lei: «Vi mostrava il significato delle strade italiane, delle pietre, dei carri, delle botti, dei tini, dei muri, delle effigi, delle bambole, delle marionette, dei santuari cattolici e degli dèi pagani ai bordi della strada. Aveva adorato i Lari e i Penati dell’Italia antica per tutta la sua vita e conosceva il rituale ed il rispetto ad essi dovuto allo stesso modo di quello che si doveva ai santi cristiani che avevano preso il loro posto, sia che il culto e l’influenza in questione si manifestasse in un carro trainato da buoi o in un frammento di canzone o nel suono del flauto di qualche pastore vestito di pelli…». Il concetto di Genius loci nasce appunto da questo nascondimento sepolto, da questa unione tra uno spirito girovago, romantico, malinconico, in grado di percepire l’assente e tradizione pagana attraverso cui il singolo luogo manifesta e rivela la propria identità. Attilio Brilli paragona il Genius Loci al misterioso Graal, capace di dischiudere, in luoghi in cui non ce lo si aspetterebbe, nuove forme e nuovi mondi in grado di risvegliare “trame ed enigmi” per orientarsi in una sorta di viaggio iniziatico.
Il fantasma o lo spirito del luogo richiede esso stesso un viaggio per essere riscoperto, ma appunto esso richiede anche che l’anima del viandante sia disposta ad accogliere la sua manifestazione. La presenza del Genius Loci è, come dice Brilli, «ammutolita da secoli eppure disposta a parlare ove sia interrogata».
Ogni luogo ricorda i miti, gli dei e gli uomini che l’hanno attraversato, custodisce in sé la memoria del passato che l’ha reso tale. Ecco perché la riscoperta di una terra in chiave mistica può ricondurci sui sentieri percorsi dalle vite e dalle storie del passato e, così facendo, attraverso la loro misteriosa rievocazione, si evoca l’identità del luogo che è anche la nostra. Che il viaggio abbia inizio e, per dirla con le parole di Gide: Partiamo! E non fermiamoci che in qualche luogo…
Tante volte ho sentito la natura esigere da me un gesto e non ho saputo quale darle –André Gide
Riferimenti bibliografici
Vernon Lee, Genius loci, Sellerio Editore, Palermo 2007
Attilio Brilli, Il grande racconto dei viaggi d’esplorazione, di conquista e d’avventura., Ediz. illustrata Il Mulino, Bologna 2015