La tecnica nella sua essenza è qualcosa che l’uomo di per sé non è in grado di dominare.
Martin Heidegger
Oggi l’Uomo è gettato nel caos delle tecnologie moderne. Nel loro flusso incessante esso si ritrova a perdere il suo autentico Sé. Solo un ritorno all’Originario e a ciò che precede la Tecnica potrà condurre l’Uomo alla salvezza della sua Anima.
Il confronto e la relazione con le nuove tecnologie risulta essere, oggi, una questione centrale e un motivo di ricerca filosofica ineludibile. Nella società del “villaggio globale”, dei social media massificati, della telecomunicazione digitale che, gradualmente sostituisce la comunicazione tra individui in carne ed ossa, assume importanza la conoscenza della natura dell’immagine, della virtualità e dei meccanismi che vi presiedono. È proprio su questo tema che l’azione politica oggi risulta disorientata e incapace talvolta di abbandonare remore e impostazioni ideologiche novecentesche per permeare in profondità lo spazio del virtuale, del media, della tecnica, nel quale le categorie tradizionali non risultano più efficaci.
In che modo è possibile ritagliarsi uno spazio di libertà in questo stato di cose? Come si fa ad eludere la sussunzione della macchina o delle sovrastrutture economiche? Ma soprattutto è la tecnica il problema o lo è invece un certo pensiero pervasivo della cultura occidentale, che ancora oggi si muove nell’atmosfera del materialismo?
Dove sta andando questo uomo contemporaneo, tra i marasmi del tempo perduto e del tempo da accumulare, tra i muri e le barriere da costruire, tra la così facile accettazione del presente, del futuro che verrà, così imprevedibile eppure non destante preoccupazione nei più?
La riproduzione automatica dell’esistenza scorre veloce, anonima, veicolata strumentalmente e tecnicamente. Se la realtà esterna è sempre stata la guida per l’azione umana, oggi l’essere umano è spesso ridotto ad una particella di individualità, la quale viene sopraffatta dalle onde che lo trasportano, che lo conducono. Percorrere le onde della realtà esterna in controtendenza è da sempre il modo con il quale l’uomo costruisce se stesso in quanto uomo, soggetto e non in quanto mero oggetto. In questo senso l’uomo è l’essere che domina la natura, ed è anche l’essere che è destinato a non riuscire mai del tutto in questa impresa. Oggi infatti, esso fallisce ogni giorno nel tentativo di comprendersi dominando l’esterno e la natura.
Cos’è l’età moderna se non altro che la conseguenza di questo fallimento epocale dell’umanizzazione della natura?
L’impianto ontologico che l’uomo ha costruito nasce dalla tracotanza di un istinto puro: la tutela del sé, nel mare dell’altro. Ma quando il sé diviene così compiutamente perfetto da annullare l’esistenza dell’altro, allora l’uomo si accorge che la natura non esiste in quanto tale, essa non è ciò che viene da sé, ma ciò che è prodotto da altro da sé.
Infatti non è diverso il tecnico dal naturale nel tempo in cui l’uomo è padrone del tutto. Come lo schiavo è schiavo del padrone e il padrone diventa in seguito asservito dalla propria stessa padronanza – come Hegel annunciava nella Fenomenologia dello Spirito – così l’uomo dominatore produce, conduce, impiega e allo stesso tempo è esso stesso prodotto, condotto e impiegato. La tecnica originariamente poiesi dell’uomo e dall’uomo, si autonomizza, diventa natura, una natura molto più pericolosa, molto più intelligente, proprio perché indipendente dalla nostra volontà.
Il dilemma è sempre il medesimo: bisogna ritornare alla tutela, alla cura dell’individualità umana dispersa nella Tecnica e nella natura tecnicizzata, ma con la consapevolezza, allo stesso tempo, della tendenza propria dall’umano verso la hybris.
Il Sé dell’uomo è sempre più affossato e combattuto dalla natura, dalla tecnica, esso è spesso irriconoscibile, sommerso dall’alterità. Infatti la mitologia oggi è la forma della conoscenza più diffusa, la credenza cieca, fideistica fondata sul timor deus. E non intendo qui la religione, ma la vita di ogni giorno, nel sistema di credenze che ci permette di vivere a nostro agio nella società. La credenza non può essere distinta dall’azione, la teoria non è distinta dalla prassi, quindi la materialità dell’esistenza stessa costituisce una credenza, che potremmo dire inconscia. Questa costrizione che nasce con l’uomo stesso in quanto ex-istente, oggi ha solamente cambiato di segno, ma non di sostanza: L’ex-istenza appartiene alla tecnica e non più alla natura.
Martin Heidegger aveva predetto e previsto tutto ciò, già a partire dall’inizio del Novecento. La caduta (gefallen) dell’uomo nella mondanità e il suo essere gettato negli enti è, secondo lui, la conseguenza del disvelamento epocale della Tecnica Moderna. Come abbiamo già sottolineato essa implica l’imposizione, poiché la sua essenza è quella del Gestell (imporre). L’uomo viene oggettificato dall’oggetto che utilizza e quindi esso stesso non è più Soggetto, non ha più un Sé, non ha più un’anima.
Secondo Heidegger la fuoriuscita da questa trappola demoniaca della tecnica moderna e dal suo disvelamento epocale, consisterebbe nel tornare all’Essere di quegli enti che la Tecnica stessa ci offre dinanzi.
Bisognerebbe scorgere ciò che è stato obliato e differire lo sguardo dall’immediatezza degli enti mondani per ricongiungersi con la Radura (Lichtung) dove dimora l’Essere degli Enti.
Ma come è possibile sottrarsi all’Algos degli enti della quotidianità e ritornare presso l’Obliato?
Il primo passo sarebbe soffermarsi su quel sentimento di Angoscia che scaturisce dalla noia della monotonia quotidiana. Quando ci annoiamo dell’identico, solo a quel punto iniziamo a provare Angoscia. Essa si distingue dall’Ansia, poiché quest’ultima si riferisce ad una singola cosa, mentre la prima riguarda la Totalità. Con l’Angoscia noi mettiamo in discussione tutta la Totalità degli Enti e allora, solo allora, possiamo fare un salto verso la Trascendenza e muoverci verso l’Essere che a questi enti soggiace.
Il Viaggio verso l’Essere secondo Heidegger però deve essere condotto, non con la volontà razionale, che ci ricondurrebbe volenti o nolenti alla Macchinazione della Tecnica moderna, ma invece attraverso l’Abbandono (Gelassenheit). L’Abbandono ci libera definitivamente dalla presa degli Enti e ci spinge verso l’Oblio dell’Essere. A quel punto, non serve Logos, né Technè, poiché l’uomo si ritrova nel suo stesso elemento originario, il quale precede questa divisione, così come precede tutte le altre divisioni: quella tra Naturale e Artificiale, tra Vero e Falso, tra Essere e Ente. L’Essere dell’Ente viene prima di tutto ciò ed è la Trascendenza assoluta che rigenera l’autenticità del Sé perduto.
Riferimenti bibliografici
M. Heidegger, Sentieri interrotti. , Firenze, La Nuova Italia, 1979.
M. Heidegger, La questione dell’essere, in Segnavia, tr. it. Franco Volpi, Milano, Adelphi, 1987.
Martin Heidegger, Die Frage nach der Technik (1953), in Vorträge und Aufsätze, Neske, Pfullingen 1957, trad. it. La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, Milano, Mursia, 1976.