La sorte di ognuno: l’instabilità.
Philip Roth
Nel romanzo Lo scrittore fantasma Philip Roth presenta una riflessione parodica sulla “testualità”, sul linguaggio alla ricerca della propria autorità e del proprio “potere”, privato delle medesime contingenze che lo fanno nascere. È emblematica la domanda a cui Lenoff, padre spirituale del protagonista Nathan Zuckerman e grande letterato, risponde: “Come scrivi? (How do you write?)”, una sorta di mezzo parodistico riguardo lo stancante processo della scrittura. Egli dice: “Giro le frasi. È la mia vita. Scrivo una frase e poi la giro. Poi la guardo e la giro di nuovo. Poi pranzo. Poi torno a scrivere un’altra frase”.
E dunque le parole pronunciate da Lenoff diventano un’effettiva dichiarazione metaletteraria e stilistica. Il mondo narrativo di Philip Roth acquista delle connotazioni di plasticità e plasmabilità per cui eventi, sensazioni ed emozioni possono essere stravolte con l’aggiunta di alcune virgole o, viceversa, periodi interi. La realtà narrativa del celebre scrittore americano è un universo d’argilla scolpito a suon di penna e inchiostro e arricchito da un ricco universo valoriale identitario e comunitario ascrivibile all’autore stesso. Ma come vengono a coniugarsi le atmosfere letterarie e stilistiche? Come arte o come vita?
Sono proprio le critiche, mosse in seguito all’inedita narrazione di un nuovo eroe ebraico che popola il contesto letterario di Philip Roth, a sollevare ogni dubbio. Irving Howe scrive che il talento dello scrittore americano “è stato messo al servizio di una visione creativa profondamente rovinata dalla volgarità” e lamenta l’uso di una tradizione, quella ebraica, che accusa l’autore di non conoscere e comprendere. Proprio in risposta alle condanne incassate dalla Critica, Roth darà monito ai suoi lettori di non confondere l’arte con la vita. Risponde alle critiche relegando quel “ritratto bilanciato” di cui viene notata la mancanza come un’assurdità poiché respinge fermamente l’idea di romanzo, di scrittura e di letteratura come un preciso ritratto sociologico del mondo e della società. Ne consegue che la visione caratteristica dell’intera opera dell’autore non debba essere percepita come ritratto del vero, ma come pura forma d’arte che si muove sinuosamente tra i confini della Verità e della Fiction e che riconosce alla Letteratura una dimensione dualistica, non univoca, che annovera l’Arte e la Vita come entità distinte.
L’universo narrativo di Roth attinge dal mondo e il romanzo Lo scrittore fantasma ne è un buon esempio. È un testo nei testi, i soli riassunti della raffica dei diversi “episodi” contenuti, come le varie parentesi che si aprono nelle conversazioni con Lenoff, creano una vertigine fittizia. I molteplici filoni narrativi interagiscono tra di loro, ma nessuno sembra essere in grado di soverchiare l’altro. È un testo che sembra non avere inizio, reversibile e con diverse entrate da cui poter accedervi, privo, però, della principale. Tale narrazione labirintica conferisce una sorta di indeterminatezza, come fosse “uno scrivere” infinito che rimanda sempre l’epilogo finale. In Lo scrittore fantasma non attraversiamo differenti “mondi” per giungere ad un punto centrale, ma come sembra suggerire il titolo dello stesso romanzo, i testi di Roth, inanellati tra di loro, hanno un sapore spettrale e incompleto, come delle forme che non ne rispecchiano la reale consistenza.
Per Roth la materia prima della letteratura è l’esistenza concreta. Contiene le percussioni della vita, vibranti e reali. La visione del reale per Roth è scontro, inesorabile e inarrestabile divenire. La realtà non è costituita da assoluti, non è né un posto paradisiaco e felice, né cupo e asfissiante. Il mondo dello scrittore è dinamico e continuo, in perpetuo mutamento, è un essere vivo e plastico. Se la realtà è movimento, la vita abbraccia l’instabilità che ne scaturisce. Le illusioni, i sogni, le aspettative dovranno sempre scontrarsi con l’esistenza del mondo, ovvero la società e tutto ciò che essa implica: le battaglia per i vantaggi, la precaria e ingannevole stabilità, gli scontri tra uomini.
Il mondo reale, concreto, è fatto d’uomini, così come i personaggi dei suoi romanzi e proprio sulla loro raffigurazione poggia tale realismo. Personaggi bilanciati, mai declinazioni orientate verso l’eccezionalità o l’incapacità e l’inettitudine. Sono figure capaci di far mostra di particolari attitudini nelle situazioni dove occorre spiccare e mostrare una forte identità.
La visione del romanzo americano ha assunto un aspetto nuovo e diverso, anche se le opere scritte dopo la seconda guerra mondiale assomigliano sempre meno a quelle cronache dirette della vita nazionale, narrazioni di persone che un lettore può riconoscere e accettare o respingere. Non sorprendentemente i “nuovi” scrittori per catturare le attuali confusioni dell’odierna società si affidano sempre più alla fantasia e alla favola. La narrazione e lo stile diventano freddi, farseschi e si concentrano sulla sottigliezza tra finzione e realtà. Contro tendenza, uno scrittore che cerca di riconoscere, rivelare e autenticare l’ironia alla base di gran parte delle motivazioni umane è Philip Roth. Scrittore per il quale la neutralità è chiaramente difficile. Ma se intransigente nei suoi sforzi per rispecchiare la vita moderna, non è stato riluttante a modificare il suo stile e i suoi argomenti. I primi romanzi (“Addio”, “Columbus”, “Lasciar andare”, “Quando lei stava bene”) così come i racconti, erano per lo più rappresentazioni della realtà borghese americani. Tali narrazioni per tutta la loro individualità, appartenevano fortemente al realismo della tradizione americana. Hanno rivelato per prime lo spirito satirico di Roth, l’occhio acuto per il gesto rivelatore e l’acutezza del suo udito nel cogliere le più impercettibili sfumature.
In queste narrazioni, Roth ha individuato quello che egli chiama “ behavior in extreme situations” (comportamento in situazioni estreme). Scrive: “Lucy Nelson, Gabe Wallach, Paul Herz e Alex Portnoy are people… swept away by their own righteousness or resentement… and living beyond their psychological and moral means”. (Lucy Nelson, Gabe Wallach, Paul Herz e Alex Portnoy sono persone…Spazzati via dalla propria rettitudine o risentimento… E vivendo al di là dei propri mezzi psicologici e morali).
Riferimenti bibliografici
Philip Roth, Lo scrittore fantasma, Einaudi, Torino, 2015.
Philip Roth, Lamento di Portnoy, Einaudi, Torino, 2014.
Siegel, Ben, and Philip Roth. “The Myths of Summer: Philip Roth’s ‘The Great American Novel.” Contemporary Literature, vol. 17, no. 2, [Board of Regents of the University of Wisconsin System,University of Wisconsin Press], 1976, pp. 171– 9
0WIRTH – NESHER, HANA. “The Artist Tales of Philip Roth.” Prooftexts, vol. 3, no. 3, Indiana University Press, 1983, pp. 263–72
O’Donnell, Patrick, and Philip Roth. “The Disappearing Text: Philip Roth’s ‘The Ghost Writer.’” Contemporary Literature, vol. 24, no. 3, [Board of Regents of the University of Wisconsin System, University of Wisconsin Press], 1983, pp. 365