La distruzione è un mezzo per fare arte.
Anselm Kiefer
La ricerca artistica e poliedrica di Anselm Kiefer si sviluppa intorno al mito, alla tradizione, all’alchimia, alla spiritualità e al misticismo. Nato a Donaueschingen in un rifugio antiaereo nel 1945, si dedica alla pittura fin dal 1966 dopo aver intrapreso studi giuridici l’anno precedente. Tra il 1970 e il 1972 è allievo di Joseph Beuys a Düsseldorf (parteciperà anche a Save The Woods, Joseph Beuys, 1971), episodio importante nella sua formazione ed estremamente rilevante per la sua arte. Le sue opere, infatti, hanno come tratto comune la scelta di materiali poveri e, ereditato anche da Beuys, il concetto di espressione artistica come catarsi.
La produzione di Kiefer nasce da un’indagine sulla storia, in particolare della Germania, quindi una riflessione sulla (propria) identità e cultura. Nel suo periodo tedesco scava nella storia della Nazione, incorporando nuove tecniche, materiali e soprattutto fonti, confrontandosi con il passato tedesco ma anche con riferimenti che si riveleranno essenziali per tutta la sua arte: la poesia di Paul Celan e il misticismo ebraico. Segue poi un periodo in Francia, a Barjac dal 1992 al 2007 (luogo di lavoro trasformato poi in un ambiente immersivo) intervallato da viaggi che ampliano le sue ricerche includendo punti di vista non-occidentali nella sua pratica artistica. Attualmente vive e lavora a Parigi.
Apparenza rudimentale e processo creativo
“Eppure, ciò che noi chiamiamo progresso, nel senso stretto del termine, non necessariamente agisce nel campo dell’arte. Questo significa che l’arte è entelechia, deriva dall’unione perfetta tra il materiale e lo spirituale, anche nelle sue espressioni all’apparenza più rudimentali”.[1]
Le tele e le installazioni di Anselm Kiefer esprimono appieno questa apparenza rudimentale, grezza, umile e proprio nella sua forma essenziale un profondo carattere spirituale. L’aspetto primitivo dei lavori è la dimostrazione della perfetta unione tra materiale (e materico) e spirituale. Sono opere che ritraggono la continua trasformazione in un processo quasi catartico, dipinte in uno stato riconducibile a una sorta di trance; lavori che ricercano l’infinito del cosmo attraverso riferimenti del passato, storie, libri, miti; installazioni che assumono forma di rovina, macerie che segnano un inizio più che una fine.
Il processo creativo dell’opera racchiude questa stratificazione di sensi: convergono allora fisica e spiritualità, in una trasformazione continua di artista e tela. Così, i cambiamenti negli stati d’animo dell’artefice non possono non riflettersi sulla sua opera, così come i dubbi, i riferimenti, le letture […]. Nell’estetica grezza, priva di accessori (legata all’essenza, dunque, alla spiritualità) si rivela Anselm Kiefer, in una continua sovrapposizione e stratificazione di arte e vita, storie passate e presenti.
Le forme dei lavori di Kiefer sono sospese in un tempo non-tempo, originate in altre epoche e oggi in stato di rovina, abbandonate alle trasformazioni. Non è un caso che anche questo venga incluso anche nella creazione da parte dell’artista: “È un dato di fatto: il quadro prende come oggetto il mondo, si concretizza in questo modo. Quando a sua volta diventa un oggetto, lo espongo all’aria, al vento e alla pioggia. Mi affido alla natura, non perché porti a una redenzione, ma perché mi aiuti a completarlo”. [2]
Anselm Kiefer: Breaking of the Vessels
L’installazione costituisce un chiaro riferimento alla storia e alla cultura ebraica, alla centralità del ruolo dell’apprendimento e ai testi mistici della Cabala. La rottura dei Vasi (Breaking of the Vessels) riprende l’interpretazione cabalistica di Isaac Luria, presentando il mito di Shevirat ha-Kelim: la catastrofe durante la creazione. Ain Soph Aur (Luce Infinita) è l’iscrizione presente sulla lunetta semicircolare in vetro.
Secondo la narrazione cabalistica, durante la creazione la luce di Dio è stata ripartita in dieci vasi: la rottura di ogni vaso determina una catastrofe che segna anche l’avvento di una nuova epoca. L’opera accentua questo stato di catastrofe e abbandono, appare sospesa nella sua distruzione e al tempo stesso, nel vetro frantumato, un memoriale (rimando alla Kristallnacht, 9, 10 novembre 1938). Misticismo e storia si sovrappongono in un’opera che racchiude la poetica di Anselm Kiefer: un’estetica catastrofica, la ricerca del mito, l’indagine su un’identità e la creazione di memoriali (da intendersi come rovine del passato nel presente).
Anselm Kiefer: i Sette Palazzi Celesti
I rimandi alla cabala assumono anche la forma di torri e palazzi, elemento ricorrente nella produzione di Kiefer dagli anni Duemila in avanti. Il riferimento qui è il testo delle Hekhalot (palazzi), i Sette Palazzi Celesti che conducono, nella prospettiva cabalistica, alla concessione divina. L’iconografia della torre ha per secoli segnato la cultura occidentale, manifestando un principio di ascensione, di vicinanza alla divinità.
I palazzi (mi riferisco qui a due installazioni in particolare Sette Palazzi Celesti, Pirelli Hangar Bicocca, Milano 2004-2015 e La Ribaute, Barjac 2003-2018) sono moniti, speranze dopo la distruzione, esempi di fede dall’estetica estremamente primitiva. In questo modo, ancora una volta, le opere di Kiefer si presentano come monumentali: nella forma, nella dimensione, nel peso (fisico e concettuale), nell’attualizzazione del passato e nella rovina. Non è difficile allora considerare la tesi dell’artista sulla positività delle rovine, elemento di rinascita più che di decadenza. Ecco allora la potenzialità dello stato di abbandono e dell’essenza dei materiali, espressione della forte spiritualità nell’opera ma anche nel suo farsi.
Il misticismo della cabala considera la creazione proprio attraverso la distruzione, in un rinnovamento che non guarda necessariamente al futuro ma che, nell’arte di Anselm Kiefer viene ricercato nel passato. L’evoluzione non è solo progresso, è anche ritorno ad altre epoche, studio di ciò che c’è stato, uso di materiali poveri (umili, naturali, prossimi all’essere umano in quanto essere umano). L’arte sopravvivrà alle sue rovine grazie alla distruzione dell’artista, all’accettazione delle trasformazioni e delle catastrofi come nuovi inizi.
La produzione multimediale di Kiefer riesce allora a risultare attuale seppur ancorata al passato e complessa nell’essenza, proponendo un’interpretazione visiva di storie che testimoniano una trasformazione continua nella rovina, nella distruzione e nella speranza di una rinascita.
Riferimenti bibliografici
Anselm Kiefer, L’arte sopravvivrà alle sue rovine, tr. it. Deborah Borca, Feltrinelli, Milano 2018.
-, Paesaggi celesti. Interviste, Il Saggiatore, Milano 2022.
Vincenzo Trione, Prologo celeste. Nell’atelier di Anselm Kiefer, Einaudi, Torino, 2023.
Anselm Kiefer. Angeli caduti, cur. it. Arturo Galansino, Marsilio Arte, Venezia, 2024.