L’eroe è l’uomo che si è volontariamente sottomesso. Ma a che cosa? Questo è l’enigma che oggi dobbiamo affrontare, e la principale virtù dell’eroe è proprio quella di averlo risolto.
Joseph Campbell
Ognuno di noi ha una Storia unica e irripetibile, ma ogni storia altro non è che lo specchio, l’eco della Storia universale del mondo, per questo è possibile trovare delle tracce frequenti che sono comuni a tutte le storie, che ne svelano il significato e ne indirizzano l’evoluzione. Il Viaggio dell’eroe è proprio lo schema ricorrente che si può rintracciare alla base di ogni autentico percorso di vita e di ogni narrazione, costellato com’è di tracce, elementi simbolici e figure chiave imprescindibili e ineliminabili.
Data la sua centralità esistenziale – personale e universale, all’interno della vita così come del racconto – la matrice del Viaggio è stata oggetto di ricerca di numerosi studiosi, tra cui bisogna certamente menzionare Joseph Campbell, il quale ha affrontato la tematica recuperandola nelle sue radici mitologiche e religiose e ri-leggendola in un’ottica psicologica e spirituale.
Campbell compie, infatti, un grandioso lavoro di raccolta e di interpretazione: come spiega nel suo testo ben noto L’eroe dai mille volti, la linea guida della sua ricerca è quella di raccogliere un gran numero di miti da tutte le parti del mondo, dopo aver individuato e svelato, attraverso lo strumento della psicanalisi, quella che egli chiama la “grammatica dei simboli”. A quel punto,
le analogie saranno immediatamente evidenti e andranno a costituire un resoconto ampio e sorprendentemente costante delle verità basilari con le quali l’uomo ha vissuto durante tutti i millenni della sua permanenza sul pianeta.
Ecco che viene a mostrarsi con trasparenza come la Narrazione del Sé e la Ricerca spirituale del Sé si muovano di pari passo, e come il racconto (a partire dai racconti popolari più antichi ed elementari) possa schiudere nuove vie d’accesso attraverso cui ognuno può approfondire la conoscenza autentica e la scoperta primordiale del proprio Io. Capire quali sono i simboli e riuscire a svelare il loro valore è, pertanto, un momento fondamentale, in quanto questi simboli che già compaiono nelle mitologie più antiche non sono stati inventati, ma sono al contrario propri della psiche umana e, per questo, patrimonio dell’umanità intera. Gli archetipi, per usare il linguaggio junghiano cui Campbell è molto legato, vanno riscoperti, assimilati e ricompresi.
In un simile scenario, la matrice stessa del Viaggio dell’eroe viene sottoposta a una decisiva riconsiderazione del suo significato, in cui devono necessariamente ridefinirsi entrambi i termini portanti. Il Viaggio non è più semplicemente da intendere come un percorso più o meno lineare che da un punto di avvio conduce ad una conclusione attraverso alcune fasi determinate, bensì è innanzitutto l’inizio stesso, in un’inversione di polarità che vede l’origine del movimento più fondamentale della meta. Perché l’inizio è la nascita, l’azione, l’energia inesauribile attraverso cui ogni trasformazione è possibile, per cui il Viaggio non soltanto è il cominciamento, ma potremmo dire che è addirittura un cominciamento continuo e instancabile. Scrive Joseph Campbell:
Solo la nascita può vincere la morte – la nascita di qualcosa di nuovo. Per poter sopravvivere, deve verificarsi nell’anima, nel corpo sociale, una «nascita continua» (palingenesi) che annulli l’incessante opera della morte. Senza questa costante rigenerazione, le nostre vittorie non saranno che strumenti della Nemesi: la nostra virtù reca in seno la nostra condanna.
Ma questo Viaggio, inteso dunque come nascita continua, cambia anche la sua direzione: una volta codificati i preziosi simboli del mito, il Viaggio fisico compiuto dall’eroe si palesa come Viaggio interiore ed esistenziale, in cui le scissioni e i conflitti sono innanzitutto quelli nascosti nella nostra Anima. Non a caso il primo momento di ogni Viaggio, quello che costituisce l’inizio vero e proprio, è sempre la rottura con il mondo ordinario, una condizione che rende l’eroe predisposto all’ascolto della Chiamata alla sua missione da compiere e alla sua avventura da realizzare: questo distacco non è altro, nel profondo, che un «radicale trasferimento dell’interesse dal mondo esterno a quello interiore, dal macrocosmo al microcosmo, un passaggio dalla desolazione del deserto alla pace del regno eterno che è in noi».
Allo stesso modo, anche la figura dell’eroe necessita di una riqualificazione, assumendo un valore inedito. In questo Viaggio, che è sempre una nascita e una continua ricerca all’interno del microcosmo interiore, la missione dell’eroe è più profonda e intima, inevitabilmente connessa a doppio filo con la “grammatica dei simboli”. La sfida di ogni eroe diventa proprio quella di riconoscere e decifrare quelle immagini eterne, e la sua vittoria definitiva sarà quella di fare ritorno tra tutti gli altri uomini insieme al segreto mistero, finalmente svelato, della nascita continua e della trasfigurazione autentica. Sotto questo aspetto, la definizione che Joseph Campbell offre dell’eroe è quanto mai puntuale e significativa:
L’eroe, perciò, è colui o colei che ha saputo superare le proprie limitazioni personali e ambientali e raggiungere le forme universalmente valide. Queste immagini, idee e ispirazioni scaturiscono dalle primordiali sorgenti della vita e del pensiero umano. Esse perciò sono gli emblemi non della psiche e della società attuale in disgregazione, ma della sorgente inestinguibile che rigenera la società.
Il Viaggio è senza tempo e senza spazio, ecco perché la sua matrice può ritrovarsi nei racconti delle culture più lontane, filo conduttore indistruttibile tra Oriente e Occidente, tra società primitive e civiltà tecnologicamente avanzate. Il tempo degli eroi è ben lungi dall’essere concluso: se le immagini simboliche sono eterne, eterna è anche la sfida per decifrarla e riappropriarsi delle verità sempre valide in esse contenute. Non si tratta, dunque, di adattare il Viaggio ai tempi moderni, bensì di sottrarre il tempo all’eroe, al fine di ritrovare quelle forme che restano invariate in quanto intrinsecamente umane. Potremo così comprendere l’illuminante affermazione di Campbell: «Come uomo moderno l’eroe è morto, ma come uomo eterno – perfetto, indeterminato, universale – è stato ricreato».
A noi – eroi della nostra propria storia – non resta altro che seguire l’esempio dell’eroe del racconto e assumerci il suo stesso compito, pronti a compiere una personale trasfigurazione durante il Viaggio.
E dove avevamo creduto di trovare un mostro, troveremo un dio; dove avevamo previsto di uccidere ci uccideremo; dove credevamo di dover proseguire, troveremo il centro della nostra esistenza; dove avevamo creduto d’esser soli, troveremo tutta l’umanità.
Riferimenti bibliografici:
J. Campbell, L’eroe dai mille volti, Lindau, Torino, 2019.