[…] ,
l’eroe cresce e cambia
compiendo un cammino
da un modo di crescere all’altro
dalla disperazione alla speranza,
dalla debolezza alla forza,
dalla follia alla saggezza,
dall’amore all’odio e viceversa.
Christopher Vogler
Cosa rende fondamentale il mito nella vita dell’uomo? Joseph Campbell era partito da questa domanda per tracciare una linea di continuità tra tutte le storie del mondo, a partire dalle più primitive, accomunate dai momenti chiave, i simboli e gli archetipi capaci di risvegliare e di suscitare le sfide più interiori dell’Anima.
In seguito, profondamente entusiasmato dagli studi di Joseph Campbell (al punto da definire L’eroe dai mille volti uno dei libri più influenti del ventesimo secolo), lo sceneggiatore statunitense Christopher Vogler ha orientato la domanda in una direzione forse più precisa: cosa rende fondamentale il mito nelle storie moderne? Qual è il suo potere nei tipi di narrazione che, all’apparenza, sembrano non avere nulla in comune con il mito? La prima, imprescindibile scoperta consiste nel riconoscere che il mito, in verità, attraversa qualsiasi narrazione, perché del mito non può fare altro che conservare gli ideali, i messaggi, la struttura. Per questo,
Il mito è trasferito con facilità ai drammi, alle commedie, alle storie d’amore contemporanee, o le avventure d’azione, attraverso la sostituzione in equivalenti moderni per le figure simboliche e gli oggetti di scena della storia dell’eroe. […] Gli eroi moderni possono non andare nelle caverne e nei labirinti per affrontare le loro bestie mitologiche, ma accedono alla caverna più intima andando nello spazio, nel fondo del mare, nelle loro menti, o nelle profondità di una città moderna.
Se Campbell si era concentrato sull’analisi dei miti antichi, Christopher Vogler prende in esame, piuttosto, le più recenti opere di narrativa di ogni genere e i più noti successi cinematografici. E il risultato, senza sorprese per l’autore, è la scoperta di un filo comune nell’ossatura di tutte le storie, uno scheletro che rimanda, appunto, direttamente al mito. Il mito si presenta, dunque, come una costante ineliminabile insita nella modalità stessa del raccontare ed è proprio per questo che, nel pubblicare i suoi appunti originariamente nati come studio personale, egli si rivolge in modo specifico a scrittori di narrativa e di cinema.
Lo studio sul mito, sulla sua organizzazione e sul suo sviluppo, diventa così un vero e proprio modello di scrittura, un esempio tangibile di quell’Arte della Narrazione che bisogna seguire per riuscire a rendere un racconto completo e significativo, e comunicarlo in maniera coinvolgente ed efficace. Ciò è possibile perché il mito, prima di essere una guida di scrittura, è un modello di vita o, per meglio dire, uno specchio della storia interiore e del percorso di crescita spirituale di ogni uomo in quanto personaggio della sua propria storia. Infatti,
Simili storie sono veri modelli del modo di lavorare della mente umana, vera mappa della psiche. Sono psicologicamente valide e realistiche perfino quando rappresentano eventi fantastici, impossibili, irreali.
Entrando nel vivo dell’Arte della Narrazione, Christopher Vogler riprende le fasi e i personaggi chiave individuati da Campbell, ampliandoli e perfezionandoli. Nel suo libro, intitolato emblematicamente Il viaggio dell’eroe, si distinguono due parti precise: La mappa di Viaggio, che contiene una presentazione puntuale dei 7 archetipi (l’eroe, il mentore, il guardiano della soglia, il messaggero, il mutaforme, l’ombra e l’imbroglione), ossia i personaggi fondamentali che devono intervenire nella storia; e Le fasi del Viaggio, ovvero i passaggi principali da compiere durante il tragitto, dodici momenti articolati all’interno di tre macro-atti (partenza, discesa o iniziazione, ritorno).
Interessante è certamente notare come il viaggio si presenta rappresentato graficamente come un cerchio, e non una linea: il punto di inizio coincide con la meta finale e tutto ciò che accade nel mezzo (le sfide e le cadute, tanto quanto le scoperte e le acquisizioni) serve a giungere a una trasformazione che non dimentica e non cancella mai le origini.
Tutto questo porta a realizzare come, in fondo, archetipi e fasi siano forze motrici e punti di svolta che avvengono, prima di tutto, nell’interiorità umana e che spingono, dunque, a una intima Ricerca del Sé. Analizzando la struttura del mito, ciò che viene a delinearsi è, innanzitutto, lo Storytelling dell’Anima. Così, ad esempio, la figura del guardiano della soglia corrisponde, primariamente, non a un personaggio concreto ma ai demoni interiori che dibattono dentro l’eroe opponendo resistenza alla sua volontà di iniziare o proseguire il viaggio.
Si manifesta proprio qui quello che Vogler stesso definisce il «potere universale» del mito, ovvero quello di portare a galla le domande più spiccatamente umane che restano invariate in ogni cultura, in ogni momento storico e in ogni luogo geografico. Il mito riesce a illuminare l’elemento comune al di là di ogni singolo vissuto personale, e a schiudere quelle verità più profonde e interiori, che ognuno di noi, per quanto in maniera unica, irripetibile e soggettiva, è spinto inevitabilmente a ricercare. Si comprende così la definizione che ne offre lo sceneggiatore:
Un mito è la metafora di un mistero che va oltre la comprensione umana. Si tratta di una storia che ci aiuta a capire, per analogia, alcuni aspetti misteriosi di noi stessi. Secondo questa concezione, un mito non è una falsità, ma un modo di raggiungere una profonda verità.
Il mito si configura come modello di Storytelling e depositario primordiale dell’Arte della Narrazione, in quanto genera una struttura da seguire e sottolinea quei bisogni intrinseci dell’uomo: la crescita e lo sviluppo interiore, e poi la rielaborazione del percorso e la sua comunicazione. Tuttavia, proprio perché ciò che è davvero fondamentale sono le domande alla base, i valori che emergono e i messaggi da suscitare, Vogler precisa che la struttura non deve essere mai vista come uno schema rigido e fisso, bensì va conosciuta e analizzata per essere poi calibrata alla narrazione.
Non è la storia che deve piegarsi alla struttura del viaggio, ma è il viaggio che deve plasmare nella sua piena potenzialità e significato la storia. Alcune fasi possono essere invertite, alcuni archetipi essere omessi; il mito si può definire «infinitamente flessibile, capace di innumerevoli variazioni senza sacrificare niente della sua magia» e proprio per questo «sopravvivrà a tutti noi».
Riferimenti bibliografici:
Joseph Campbell, L’eroe dai mille volti, tr. it. Franca Piazza, Torino, Lindau, 2016.
Christopher Vogler, Il viaggio dell’eroe. La struttura del mito ad uso di scrittori di narrativa e di cinema, Audino Editore, Roma, 2010.
Carlo Pancera, La forza del mito. L’eroico viaggio di J. Campbell attraverso la mitologia comparata, Bergamo, Moretti & Vitali, 2017.
Antongiulio Penequo, Il viaggio rivoluzionario dell’eroe. Narrare, conoscere, ribellarsi, Milano, Mimesis, 2020.
Gianluca Marletta – Valentina Ferranti, Odissea. La storia di tutte le storie. Il viaggio dell’eroe alla luce della spiritualità e del simbolismo, Roma, XPublishing, 2024.