In definitiva, le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, con la punteggiatura nei posti giusti in modo che possano dire quello che devono dire nel modo migliore.
Raymond Carver
La Scrittura, come processo finalizzato alla Narrazione di una Storia, alla comunicazione di un Progetto o ancora alla trasmissione di un determinato messaggio, presenta una larga parte di creatività, originalità e innovazione; tuttavia nessun processo di scrittura può fare a meno di determinate linee guida fondamentali, da considerare non come limiti, bensì come delle risorse da poter sfruttare al meglio per dare forma alla Narrazione di Sé. Se per essere unici bisogna rompere con gli schemi, è necessario prima che quegli schemi siano conosciuti: è con questo fine che sono nati i primi corsi di scrittura creativa e professionale, di cui uno degli insegnanti e teorici più importanti fu Raymond Carver.
I suoi insegnamenti più preziosi sono raccolti in un saggio dal titolo evocativo Il mestiere di scrivere, dove ogni consiglio nasce dalla sua specifica esperienza di scrittore, dalle sfide e dai fallimenti che egli stesso ha affrontato in prima persona. Questa sorta di manuale (che chiamare manuale è, in fondo, inesatto e riduttivo) corrisponde anche a una Ricerca del Sé nel cuore stesso dell’arte della scrittura e della propria attività intimamente vissuta. Se volessimo individuare con precisione l’obiettivo di Carver, non potremmo che riportare le parole usate da Marcello Fois nella prefazione della più recente edizione italiana del libro: «senza la presunzione di insegnare Carver ci insegna che uno scrittore è tale solo quando dimostra una qualche capacità di analizzare, se non quanto ha scritto, i motivi che l’hanno spinto a scrivere».
In effetti, Carver fa proprio questo: rilegge i suoi stessi racconti, indaga le motivazioni che fungono da punto di partenza per ogni specifica Vocazione, e ci rende partecipi di quel Viaggio interiore che dovrebbe essere alla base di qualsiasi sincera e autentica attività di Scrittura. In questa ricerca, l’analisi non può che partire dall’unità minima dello scrivere, che precede e fonda la successiva e pur necessaria operazione di Storytelling: la parola. Le parole, secondo Carver, non possono essere usate casualmente, perché è proprio il modo in cui usiamo le parole che riesce a rendere un fatto significativo e suggestivo, anzi addirittura è proprio in base alle parole attarverso cui quel fatto è narrato che esso può acquisire una sfumatura diversa e una gamma molto ampia di emozioni. In definitiva,
«si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi un brivido lungo la schiena del lettore – l’origine del piacere artistico, secondo Nabokov. Questo è il tipo di scrittura che mi interessa di più.»
Ma perché quel brivido si crei, a ben vedere, non è importante la singola parola, bensì la struttura generale in cui essa è inserita. La particolarità, l’originalità, non è da trovare in un singolo termine desueto, fuori dal comune o finanche astruso, ma nella combinazione giusta e adatta di un flusso di parole che quasi devono trascinarsi l’una con l’altra con naturalezza. Una parola, se posizionata a inizio o fine frase, se seguita o preceduta da una virgola, acquisirà un significato totalmente diverso e, insieme ad essa, verrà a modificarsi il senso della frase intera. Ecco che Carver scrive in modo chiaro e illuminante che «le parole possono essere precise anche al punto da apparire piatte, l’importante è che siano cariche di significato; se usate bene, possono toccare tutte le note». L’importante non è la parola, quindi, ma il modo in cui la si usa e il posto specifico in cui la si inserisce.
Tale lavoro su una struttura minima, quale è appunto la parola, è rivelatore dell’accuratezza e della profondità dell’investigazione continua che deve compiere instancabilmente ogni scrittore. Questa capacità di sentire e vivere le parole corrisponde, a sua volta, a una capacità di sentire e vedere la realtà nelle esperienze quotidiane che ci si presentano ogni giorno, e di sentire e vedere noi stessi nella trasformazione interiore che avviene nella nostra Anima. Guardare il mondo in un modo speciale, con occhi nuovi, e riuscire a trasportare quella visione su carta è proprio l’elemento caratterizzante che fa la differenza tra uno scrittore autentico e uno scrittore mediocre, in quanto «uno scrittore che ha una maniera particolare di guardare le cose e riesce a dare espressione artistica alla sua maniera di guardare le cose, è uno scrittore che durerà per un pezzo». È quella visione, più del talento, più dello stile, a far emergere uno scrittore nella sua unicità, «è il tipo di inconfondibile e unica firma che lo scrittore lascia su qualsiasi cosa egli scriva. E ne fa il suo mondo e niente altro.»
Se guardare il mondo in modo specifico è una caratteristica fondamentale per ogni Narrazione autentica, allora è fondamentale anche per Carver, così come per tanti altri scrittore, iniziare proprio guardando quel mondo – che sia esteriore nell’ambiente che ci circonda, oppure interiore nelle nostre sensazioni ed emozioni più intime. Nel passaggio da fatto a Narrazione, non si tratta però semplicemente di riportare l’evento, bensì di compiere un lavorio necessario di Storytelling tale da trasformarlo e trasfigurarlo, arricchirlo di potenzialità simboliche e metaforiche, lasciandone tuttavia intatta la fondamentale essenza, l’ispirazione originaria, e ancora la percezione che all’origine ha scatenato la Vocazione alla Scrittura.
Ogni Narrazione autobiografica consiste nell’arricchire il fatto vissuto di una modalità narrativa e stilistica capace di emozionare e coinvolgere; ogni Narrazione apparentemente del tutto inventata deve contenere alla base una minima traccia dell’esperienza reale, per quanto trasfigurata e camuffata, dell’autore. In ogni caso, dunque, l’intreccio tra il fatto e lo Storytelling è necessario e si può rintracciare ovunque. Questa necessità di attingere nella propria esperienza e di conservarne gelosamente la sensazione per imprimerla è, dunque, proprio un altro prezioso insegnamento di Carver. Rileggendo le sue opere, i suoi racconti e le sue poesie, riconosce infatti che, pur non raccontando direttamente storie reali,
qualcosa di vagamente somigliante a quello che succede in esse mi è effettivamente capitato, una volta o l’altra, e il ricordo mi è rimasto dentro finché non ha trovato espressione. Oppure, a volte, quel che è descritto nella poesia era in qualche modo un riflesso del mio stato mentale al momento della scrittura.
Riferimenti bibliografici
R. Carver, Il mestiere di scrivere, trad. It. Riccardo Duranti, Torino, Einaudi, 2015.